Talk To Me

Talk To Me **

L’horror australiano esordio dei fratelli Philippou è stato uno dei casi dell’estate americana, anche grazie alla solita A24, che se ne è assicurata i diritti di distribuzione.

Furbo quanto basta, ellittico in modo da evitare qualsiasi spiegazione, inquietante, ma mai davvero perturbante, Talk To Me è perfetto per le coscienze anestetizzate degli adolescenti di oggi.

Durante una festa il giovane Duckett viene rinchiuso in una stanza dopo aver assunto comportamenti strani che sembrano metterlo in contatto con l’al di là. Quando arriva il fratello, prima lo accoltella, poi si suicida.

Passa il tempo e la giovane Mia, un’adolescente che ha perduto la madre per un presunto suicidio due anni prima, sta ancora cercando di elaborare il lutto e superare la depressione.

Il padre non le è di grande aiuto. Meglio la compagnia dell’amica Jade e di suo fratello Riley.

I tre vanno ad una festa assieme, all’insaputa della madre di Jade.

Qui uno dei loro amici ha un braccio imbalsamato appartenuto ad una sensitiva che ha il potere di mettere in contatto chi lo stringe con il regno delel ombre.

Per 90 secondi è possibile vedere e sentire anime del purgatorio, ma non bisogna superare questo tempo, altrimenti quelle presenze finiranno per invadere la vita dell’ospite.

Mia si sottopone all’ordalia e poi in altre serate con gli amici, saranno in molti a provare il brivido: anche il dodicenne Riley, che entra in contatto con la madre di Mia, con effetti tuttavia nefasti.

Il film dei Philippou è di una modestia imbarazzante, con un immaginario povero e celibe. I due sono youtuber noti per il canale RackaRacka, dove si possono trovare video di splatter estremo e parodie horror.

Qui invece sono pieni di sè in modo involontariamente comico. Il loro film è sentenzioso e pare debba raccontarci il senso della vita.

Ma non basta qualche vago accenno al tempo confuso dell’adolescenza, ai danni della viralità e alle fragilità di chi ha perduto riferimenti importanti e si aggrappa ad ogni scorciatoia pur di non fare i conti con la cognizione del dolore.

Questo messaggio rimane esile e superficiale e mal si concilia con un film che nella parte gore è moscio e fiacco.

La possessione metafisica è appiccicata alla buona e anche se dovrebbe essere la conseguenza del trauma della protagonista, il dialogo di Mia con la madre non porta a nulla: è un mero espediente narrativo.

La sua inquietudine non è mai la nostra.

Come nei peggiori film di genere, i personaggi sono di una stupidità assoluta e finiscono per mettersi nei guai da soli, contravvenendo in modo plateale ad ogni buon senso.

Si salva giusto il finale che ribalta significativamente il punto di vista della protagonista, ma non vi diremo di più.

Se questo è il miglior horror della stagione siamo messi davvero male. Poche idee e confuse, ritmo letargico, brividi nulli.

Una delusione.

 

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