World War Z

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World War Z **

Il film di Forster era uno dei più attesi e controversi della stagione. La lunga e travagliata lavorazione non lasciavano presagire nulla di buono. World War Z avrebbe dovuto uscire in sala a dicembre. Ma i produttori non erano contenti del primo montaggio e hanno preferito spostare il debutto di oltre sei mesi, ingaggiando prima Damon Lindelof e poi Drew Goddard, per riscrivere il terzo atto della sceneggiatura di Matthew Michael Carnahan e J. Michael Straczynski e procedere a lunghe riprese aggiuntive.

Nel frattempo Brad Pitt, anche produttore con Graham King, e Marc Forster si affrettavano a minimizzare le voci sempre più negative ed a spiegare che il budget imponente richiedeva di semplificare il romanzo-saggio di Max Brooks, trasportando il film in una dimensione più comprensibile e mainstream: quella del film d’azione catastrofico.

Finalmente World War Z arriva in sala ed il risultato è meno deludente e confusionario di quello che ci si poteva legittimamente attendere, anche grazie alla credibilità degli attori coinvolti e ad una sceneggiatura che procede per episodi in maniera magari semplice, ma non meno efficace.

Certo siamo lontani dalle regole codificate dai film di Romero: qui i non morti corrono come Usain Bolt, sono famelici e attratti dal rumore.  L’unico modo per evitarne il morso contagioso è correre a perdifiato.

Il film comincia a Philadelphia, a casa di Gerry Lane, esperto delle Nazioni Unite negli scenari di guerra internazionali, mentre fa colazione con la sua famiglia.

Intrappolato poi nel traffico, verrà assalito da un’orda di zombie affamati e costretto a fuggire prima a Boston quindi grazie all’amico Thierry, su una portaerei a largo dell’oceano atlantico, dove si cerca di capire come l’epidemia è scoppiata e soprattutto come fermarla. E’ coinvolto il mondo intero. Intere città devastate e contagiate dal virus.

Thierry costringe Gerry a guidare una spedizione in Corea assieme ad un giovane immunologo, alla ricerca del ceppo originale e del paziente zero.

In cambio Thierry manterrà sulla nave, al sicuro, la moglie le due figlie del protagonista.

Arrivati in Corea, la squadra di Gerry viene subito attaccata e salvata dal capitano Speke che gli mostra i resti del primo contagiato. Dopo aver parlato anche con un agente della CIA rinchiuso nell’areoporto, Gerry si convince che un altro pezzo della soluzione potrebbe essere a Gerusalemme, dove il governo israeliano ha eretto un muro altissimo per proteggere la città dagli attacchi, costruendo una zona franca.

Nel tentativo di ripartire, quasi tutti gli uomini del capitano Speke muoiono. L’aereo riparte con solo Gerry ed il pilota.

Quando atterrano in Israele vengono accolti dal capo del Mossad che spiega a Gerry per quale motivo, sull’onda di un primo dispaccio proveniente dall’India, il paese si sia immediatamente prodigato a costruire il muro che ha escluso il contagio all’interno della città santa.

Ma il canto di alcuni arabi attirerà irrimediabilmente i contagiati, che si muovono in gruppo come tante formiche decise ad ottenere il risultato.

Costretto a fuggire anche da Gerusalemme, Pitt si accorge, così come in Corea che gli zombie sembrano evitare del tutto alcune persone. Riesce ad imbarcarsi con una giovane soldatessa, Segen, su un aereo diretto a Cipro e dirottato verso il più vicino laboratorio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità: Gerry pensa di aver capito il punto debole degli zombie e vuole cercare conferma alle sue ipotesi.

Sul volo diretto in Galles, però le sorprese non sono finite. Nel frattempo, in assenza di messaggi da parte del team di soccorso, Thierry si decide ad allontanare dalla portaerei la famiglia di Gerry.

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Non diremo troppo del nuovo terzo atto, ma non c’è dubbio che funzioni, anche se l’attesa di una battaglia campale sarà frustrata in favore di un redde rationem molto più circoscritto, ma non meno efficace.

Chiusi nel laboratorio, Gerry, Segen ed il medico italiano Simon dovranno affrontare gli zombie mettendo a punto il vaccino che forse comincerà a ribaltare le sorti della guerra.

Il film è strutturato in quattro sezioni distinte: la prima a Philadelphia e nel New England, la seconda in Corea, la terza a Gerusalemme e l’ultima in Galles.

World War Z non avrà certo lo stile sofisticato da racconto orale immaginato da Max Brooks nel suo romanzo, ma non è neppure il blockbuster fracassone e demente che ci si poteva attendere.

Forster rimane sempre in superficie, non sfrutta per nulla il potenziale metaforico dell’epidemia, rimane lontano dalle implicazioni geopolitiche e da quelle sociali, si limita alla messa in scena del pericolo e della fuga, dimostrandosi ancora una volta poco a suo agio nelle scene d’azione, ma questa volta è graziato dalla grande esperienza del direttore della fotografia, Robert Richardson, e del montatore, Roger Barton, che spesso gli vengono in soccorso.

Il tentativo è quello di trasformare il killer di zombie Gerry Lane nel classico family man, coinvolto in eventi straordinari che si assume il compito di salvare il mondo, ma che in fondo non desidera altro che proteggere la propria famiglia.

La conversione si deve essenzialmente a Lindelof e Goddard, che hanno scritto un nuovo incipit e nuovi intermezzi con Gerry e la moglie Karen al telefono.

Il finale originale prevedeva l’atterraggio di Gerry in Russia dove un governo fantoccio lo costringeva a guidare una milizia schiavizzata, utilizzata per combattere gli zombie, da cui riusciva a fuggire grazie alla sua abilità di killer e stratega.

Rimaneva del tutto irrisolto il tema familiare, rimandato anzi ad un possibile sequel, secondo quello che è uno dei peggiori clichè delle sceneggiature hollywoodiane, derivato dalle serie televisive.

La versione di World War Z che vediamo in sala è invece un’opera autoconclusiva, che si pone ad una equa distanza sia dal modello di trito intrattenimento d’azione, sia dal procedurale d’autore.

E’ una sorta di ibrido che non affonda del tutto, grazie alla credibilità di Brad Pitt ed alla suspense, che pure lo innerva costantemente, anche se la necessità di fare un film “per tutti”, ha limitato molto qualsiasi effetto horror.

Nella schiera dei film hollywoodiani per l’estate rimane un oggetto poco identificabile, non completamente riuscito, ma almeno una spanna sopra gli uomini d’acciaio

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2 pensieri riguardo “World War Z”

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